Archivi tag: consigli per gli acquisti

Tasto dolente

Standard

Avevo scritto un po’ su Sanremo, sulle sue canzoni, ma non l’ho pubblicato. Magari lo pubblicherò tra un po’, tanto per parlare ancora di Sanremo, che dopo un mese nessuno ne parla più di Sanremo, tanto che Sanremo sembra sia andato in onda mesi fa, ed invece non è passato nemmeno un mese da Sanremo. Perché Sanremo è Sanremo.

Ciò premesso mi si è rotto il cellulare. Era uno nato rotto, di quelli che si rompono ogni 8 mesi, giorno più giorno meno. Giuro!

La differenza è che stavolta è la prima volta che mi si rompe senza garanzia, ed allora sono cazzi, perché tocca sistemartelo pagando. Ed io mi son chiesto: ma se lo sistemo e poi fra otto mesi è di nuovo rotto – che sicuro tra otto mesi è di nuovo rotto – cosa lo aggiusto a fare? Allora mi son messo alla ricerca di un altro dispositivo e colto dall’euforia di calcolo numerico e della programmazione e dei miei malefici coinquilini ho detto: Proviamo android.
Il realtà è la scusa, perché voglio giocare ad un gioco fighissimo che gira solo su android: Sprinkle

Ora con le unghie da troia che ho alla mano destra usare la tastiera qwerty è davvero difficile. E con le medesime usare il touch provoca un aumento dell’entropia e della densità delle parolacce per metroquadro=metro*metro.
Così non mi resta altro da fare che cercare un touch con la tastiera classica 3×4. Quelle vecchie, normali. Cioè volevo un cazzo di cellulare con una tastiera normale. Un cellulare normale, leggermente più fornito di quello da 40 Euro, ma normale.

Ebbene, ho chiesto ai massimi esperti del mondo di android, ho messo sottotorchio google tutta la notte… nessuno ha voluto confessare. O meglio hanno confessato che nessuno più fa dei cellulari normali.
Cioè o prendi il top del top, oppure prendi i full touch oppure ti prendi quelli con la qwerty, oppure ti attacchi.

Sono ancora col cellulare rotto, me ne hanno prestato uno touch che mi ha fatto ricredere sui touch – cioè che non li userò mai- e questo post non ha lieto fine. Inizio a detestare la tecnologia che non pensa alle persone normali!

C’è chi è sempre con te…

Standard

… e poi ci sono quelli che ti restano nel cuore, ovunque tu vada, qualunque strada tu scelga e qualunque cosa ti accada loro sono lì.
Puoi scegliere amori nuovi o semplicemente decidere che è il momento in cui devi star solo. E loro lì aspettano pazienti, sicuri, radicati nella loro convinzione che prima o poi  tu ti ricorderai di loro.

Puntualmente accade, perché è la voce di molti momenti, è il sound che ti lascia pietrificato e ti toglie il respiro, quello di chi cerca altro per non ammettere che è tutto lì sotto i suoi occhi quello che desidera, quello di chi cerca altro per essere convinto di avere il meglio proprio lì sotto i propri occhi.

Perché ad una voce così, ad un sound così, io non so proprio resistere; fa parte di me!

Black Summer

Standard

E’ da tempo che non riesco a scrivere di fumetti, pur avendone letti molti. E molti interessantissimi.

Quando ci si appassiona ai fumetti è piuttosto semplice cadere nella lettura dei supereroi. E’ facile, anche perché godono di una storia lunga e di distribuzione e presenza sul mercato notevole, dovuta anche al fatto che sono accessibili per mezzi collaterali. Penso al cinema, alla televisione, al merchandising in generale.
Anche io, pur non amando il genere – con le dovute eccezioni- ne ho lette molte di storie.

La parte interessante della storia di questi eroi senza macchia è che a cavallo tra gli ottanta ed i novanta i supereroi subirono una profonda rivoluzione ad opera di vari autori del Regno Unito. E penso a Frank Miller, Grant Morrison ma sopratutto a Alan Moore (l’autore di V per Vendetta) che con il suo WatchMen introdusse il fumetto sui supereroi. Parlare di Watchmen è impossibile. Basta solo dire che con questo fumetto la storia del medie svoltò ammodernandosi e diventando quello che è oggi.

Un fumetto – moderno- che rientra in questo genere di “revisionismo supereroistico” è Black Summer di Warren Ellis edito dalla Avatar Press e distribuito in Italia dall’ottima BD.

Black Summer è la storia di John Horus e delle Sette Pistole, gruppo di supereroi al servizio dello stato americano; eroi metropolitani che al servizio della nazione garantivano ordine e sicurezza.
Tutto questo prima… prima che John Horus uccidesse il presidente degli Usa. Ed è qui che inizia il fumetto. Ed è da qui che si inizia a giocare con il carattere dei supereroi, che rimangono tali anche quando non più coinvolti direttamente nell’azione sul campo. Come il caso di Tom vecchio membro del gruppo, dedito oramai solamente all’alcool e all’autodistruzione, in seguito all’assassinio della sua ragazza.
La pazzia dell’amico John Horus lo farà rientrare nel gruppo e lo costringerà ad intrecciare nuovamente rapporti con tutto ciò che la vita di un supereroe necessita.

Ovviamente, mi pare chiaro, parliamo di supereroi moderni. Non più caratteri senza macchia e distintivi per coraggio e moralità, ma uomini con spiccate capacità fisiche che si trovano a dover gestire un potere spesso al di là della loro capacità etica.

La prova alle matite di Juan J. Ryp è incredibilmente dettagliata ed azzeccata, tanto nella divisione in 9 vignette, quanto nelle pagine singole e nelle splash-page. Molto bello il tratto realistico ma sempre incredibilmente fumettistico. Colorazione particolarmente funzionale ai disegni che ne valorizza, pur senza esaltare, il tratto.

Ai testi troviamo un Ellis in formissima, che sceneggia in maniera brillante un soggetto pienamente originale. Quando non fa le marchette si vede e si apprezza sia nei dialoghi, sempre pungenti e pertinenti, sia nella gestione del ritmo. Certo la lettura non sempre è facile, dato il numero di richiami a pseudo-scienza e tecnologia, ma ne vale assolutamente la pena.

Mi sento di consigliarlo decisamente. Un pomeriggio decisamente intenso.
Certo, non il classico fumetto da portare sotto l’ombrellone.

Daytripper

Standard

People walk miles an hour and don’t stop thinking this could be the greatest day of their life

E’ su questa frase semplice che si fonda tutto daytripper, fumetto edito da Vertigo e scritto dai fratelli Fabio Moon e Gabriel Bà.
Voglio dirlo subito, questo fumetto è grandioso. Esula addirittura dal genere per diventare un’opera assolutamente incredibile. Una delle mie migliori letture in assoluto.
Capita raramente che un’opera perda la connotazione di genere e diventi universale, questo fumetto ci riesce alla perfezione.

Cercare di far capire il modo sapiente con il quale è sceneggiato è impresa vana. Vana perché è del tutto anticonvenzionale, ma incredibilmente bello e ricercato. Sicuramente funzionale al tipo di storia narrata.

La vicenda è incentrata sulla figura di Bras, autore di necrologi per un giornale brasiliano,con la passione per la scrittura, e su un piccolo gruppo di personaggi secondari che si avvicendano nei dieci capitoli di cui è composto il volume.
Primo tocco di classe: numerare i capitoli non in maniera progressiva ma in base all’età del protagonista. E’ assolutamente geniale visto il contenuto ed il sistema (non temporale) della narrazione.
Ma vi assicuro, questo è solo il primo di una lunga serie di trovate geniali.

Daytripper è un fumetto sulla vita. Su tutto ciò che la rende tale. Lo fa parlando anche della morte, senza mai scadere nel banale pur essendo un topos piuttosto utilizzato. E’ un fumetto su una giornata normale, su un amico normale, su una moglie adorabile. E’ un fumetto che parla di viaggi, siano essi sulle spiagge del Brasile piuttosto che in luoghi distanti solo pochi isolati.

La straordinaria forza comunicativa di questo fumetto risiede in un fattore portante a mio giudizio: il fumetto non è reale (d’altra parte come potrebbe esserlo…) ma contiene tutti i sapori ed i sentimenti tipici della vita reale, orchestrati in maniera talmente sapiente che l’empatia con il personaggio è immediata e totale. Ti spiazza e raggiunge spesso il suo scopo: ti fa fermare, ti fa riflettere, ti fa guardare le cose della tua vita, quella sì reale, in maniera diversa, in maniera più completa.

I testi ed i dialoghi sono sempre ben calibrati e dettano benissimo i tempi. Non ci sono mai cali di attenzione e tutto raggiunge momenti di elevata liricità.

Sotto l’aspetto grafico il lavoro è eccellente. I disegni sono cuciti perfettamente sulla storia ed i colori sono superlativi, per un fumetto che è diventato uno dei miei preferiti in assoluto. Il tratto è maturo e visionario al punto giusto, a tratti onirico, ed accompagna la narrazione in maniera impeccabile.

E’ un fumetto per chi ama leggere, è un fumetto per chi nelle letture cerca qualcosa in più o anche per chi crede che i fumetti siano soltanto roba da ragazzi in calzamaglia con qualche strano potere, è un fumetto per chi passa un momento particolare e non sa trovare risposte.

In Italia è uscito da pochissimo, potete trovarlo edito da Planeta deAgostini, sicuramente in fumetteria ed in qualche bookstore. Se invece volete concedervi la bellezza di leggerlo in lingua originale (ed immaginare la traduzione per voi migliore) non abbiate timore, è scritto con un inglese semplice e lineare.

Vi lascio con questa illustrazione splendida:

Sweet tooth: Out of the deep Wood

Standard

In genere arrivo sempre in ritardo, questa volta invece anticipo di parecchio una nuova uscita italiana.
Tutto merito di nightcrawler e della sua intraprendenza che mi ha trasmesso!

La serie Sweet Tooth attualmente arrivata in America al 22simo issue, non arriverà da noi prima dell’inizio del 2012, quindi a patto di non leggerla in originale passerà un po’ di tempo prima di potervela godere. Perché sarà una vera goduria!

Scritta e disegnata da Jeff Lemire, è la storia di Gus, un bambino-cervo di 9 anni, che a seguito della dipartita dei suoi genitori rimane solo. L’incontro con il signor Jeppard e il viaggio verso la riserva gli farà infrangere quelli che sono stati i comandamenti del padre, tra i quali quello di non abbandonare mai il bosco nel quale sorgeva la loro casa. Divieto imposto per proteggere il figlio da cacciatori e scienziati che volevano studiare questa nuova specie, di cui Gus non è però l’unico esemplare.

Il valore aggiunto di questo primo tp, è lo stato di meraviglia che accompagna la scoperta dell’ “altro” da parte del protagonista, la sua straordinaria sensibilità, anche nell’interpretare i caratteri che lo circondano. E’ bellissimo immergersi nei suoi occhi pieni di stupore e di timore per tutto ciò che vede in così breve tempo. E’ possibile non lasciarsi contagiare ed emozionare da questo indifeso ragazzo-cervo e dal suo cavaliere, Mr. Jeppard.

E’ un fumetto dal ritmo molto lento; molte tavole sono sprovviste di dialoghi (cosa impensabile per un fumetto italico!) e tutto è piuttosto cupo e confuso, merito del tratto del disegno e della colorazione. Il tutto però risulta ben amalgamato con i toni e con la trama di questo comic, che non disdegna nemmeno atmosfere oniriche, che immagino nei prossimi tp diventeranno più marcate.

Per ora mi ha decisamente convinto, sopratutto a livello narrativo. Inoltre l’impianto dei personaggi risulta davvero interessante. Promosso!

Valter Buio 1-12

Standard

… e questo mese ho dovuto salutare Valter. L’ho fatto a malincuore perché in un anno è riuscito a farmi affezionare a lui!

Mi ero ripromesso, sin dall’inizio di questa mini, di parlarne avendo tutti i numeri in mano e potendo fare un discorso più organico ed è ciò che voglio scrivere ora, anche se qualche mese fa non sono riuscito a trattenermi!

Valter Buio è una miniserie di 12 numeri della italiana Star Comics, scritta interamente da Alessandro Bilotta, che ha come protagonista uno psicologo un po’ particolare; particolare perchè i suoi pazienti sono inconsci, spiriti di persone defunte che per qualche motivo non riescono a lasciare questo mondo.

L’idea di credere che siano questi inconsci i protagonisti della mini è forte, ma è facile accorgersi dopo pochi numeri, che non sono altro che un espediente per poter raccontare un po’ di più di Valter, del suo rapporto tribolato con la ex-moglie, del suo amico il Conte Balestra e della sua segretaria Cecilia, il tutto ambientato in una Roma incantevole -che più che da sfondo sembra essere una co-protagonista -. La mini è interamente dedicata a Valter, alla sua storia, alla sua crescita. E’ per metà un romanzo di formazione, per metà un castello di carte che alla prima folata di vento cade giù rovinosamente.

Le storie che si susseguono mettono in risalto la fragilità del personaggio, l’incapacità di staccarsi dal passato, l’incapacità alla decisione, la tendenza all’autodistruzione attraverso l’alcolismo ed addirittura il suicidio. Certo, il suo particolare dono non è facile da gestire, non è facile da accettare, ma l’incapacità di Valter di aiutare se stesso, al contrario di ciò che accade con gli inconsci, va oltre tutto questo.

Il fumetto che Bilotta ci regala – perché si tratta di un vero è proprio regalo- è emotivamente spiazzante e molto profondo. I personaggi sono splendidamente caratterizzati, sembrano reali, respirano ben oltre le semplici 98 pagine mensili.

Il tutto accompagnato da un team di disegnatori davvero validi; e penso allo straordinario Sergio Gerasi, Matteo Mosca, Andrea del Campo, Ivan Vitolo, che hanno il compito, non facile ma perfettamente riuscito, di tinteggiare una Roma bellissima dalle atmosfere oniriche e surreali.

E’ una mini decisamente nuova per il panorama italiano delle edicole. Chi ci vede dei punti di tangenza con Dylan Dog ha compreso questo fumetto solo a metà, secondo me. L’immobilismo dylaniato si contrappone in maniera netta al divenire di Valter. E’ questa la reale differenza tra i due personaggi, che possono per certi versi, sembrare affini.

In conclusione questo fumetto rappresenta un prodotto perfettamente riuscito, sotto più punti di vista. Un fumetto emozionante che sa emozionare, che scorre per 12 mesi in maniera costante, tra moltissimi alti e pochi bassi, colpi di scena bellissimi ed un finale decisamente mozzafiato, che impreziosisce ancora di più l’ottimo lavoro svolto.

Per ora l’unica miniserie star Comics ad avermi convinto appieno, che consiglierei. Anche perché può contare sulle copertine di Paolo Martiniello che sono una più bella dell’altra. Questo l’indirizzo del suo blog nel quale potrete vedere, oltre alla versione finale, anche i bozzetti e la lavorazione.

Ciao Valter. Spero di poterti vedere di nuovo all’orizzonte, come un vecchio amico che ritorna.

Vallanzasca: L’angelo del male

Standard

L’altro giorno, mancando da troppo agli appuntamenti del Galleria, io e nightcrawler abbiamo deciso di concederci la visione di questo film in terra natia.

Fortunatamente delle polemiche che aveva suscitato questo film ne ero sì a conoscenza, ma non me ne curavo più di tanto, un po’ perché sono sempre le stesse polemiche, un po’ perché preferisco polemizzare da me sulle cose.

Il film è un bel film, che ha secondo me i tempi giusti ed una bella sceneggiatura, l’ho trovato fresco e molto ben scritto. Le scene più violente (perché cavolo se ce ne sono) sono sempre inserite per caratterizzare maggiormente i personaggi, in particolare i comprimari, o alcune situazioni e mai per compiacimento stesso della violenza. Certo è un film crudo, un film con tante sfumature, decisamente lugubri, ma d’altra parte se volete un film allegro potete andare a vedere Maschi contro Femmine.
La pellicola apre un interessante squarcio sulla mala milanese (visto che si accenna anche alla rivalità tra le famiglie, ai codici d’onore, ai traffici…) e lo fa attraverso le “gesta” di un personaggio sicuramente sopra le righe come Vallanzasca.

La vicenda è quanto mai verosimile e riportata in maniera piuttosto fedele nella pellicola.
Incongruenza grave si può riscontrare solo nella figura di Massimo Loi, che ho appreso essere nella realtà poco più che un ragazzino, finito nel crimine per caso, mentre nel film è abbastanza più grande, avvezzo al crimine e pure drogato. Avendo questo personaggio un ruolo importante nella vicenda (reale e cinematografica), l’artificio cinematografico ne altera un po’ il significato secondo me.

Molte belle le musiche, che ho scoperto dopo essere state scritte dai Negroamaro. Bravi! Anche perché il commento sonoro al film mi pare molto azzeccato. Anzi in certi frangenti è il commento interiore alle scene esterne che ci vengono mostrate.

Capitolo a parte merita Kim Rossi Stuart. Semplicemente sublime. E’ una interpretazione veramente coinvolgente, che passa attraverso mimica facciale ed espressioni da fuori classe. E’ anche per questo che questo film è un bel film. Molto bello il piglio da capobanda che ha e molto ben recitato il ruolo dei comprimari, per un cast decisamente all’altezza.

Il rischio dell’apologia, un po’ c’è. Vallanzasca ne esce “bene”, tanto che appena finito il film un paio di tizi dietro di me hanno esclamato: “che artst”, ma io credo che non sia colpa di Placido, quanto dell’inadeguatezza dello spettatore. Vallanzasca sarà anche un criminale “morale”, ma pur sempre un criminale. Il film questo lo dice, lo mostra!
Il vero errore di Placido è stato secondo me addolcire troppo l’efferatezza di alcune vicende reali della vita carceraria, aver romanzato troppo e romanticheggiato alcune scene che forse avrebbero tinteggiato meglio il lato oscuro particolarmente pronunciato del protagonista. Non è stato fatto e questo mi fa un po’ storcere il naso.

A me è piaciuto e non avendo visto Romanzo Criminale il paragone non posso farlo, ma se volete vedere un bel film, io ve lo consiglio!

Motivi per cui (non) avere un social network.

Standard

Il mio amore-odio per internet si tramuta spesso in una sorta di elenco (non alla Fazio eh) su ciò vorrei o non vorrei che ci fosse sulla rete. O molto più spesso ancora su come vorrei che la rete esistente si potesse plasmare sulle mie idee.

Comunque, al di là dei modi contorti di dire questa cosa, pensavo oggi ai motivi per i quali mi piacerebbe avere un social network. Specifico: non parlerò di Fb. Quello non mi piace. E la mia posizione in merito ad un social network (che ripeto non è sinonimo di Fb), l’ho già espressa post addietro.

Vorrei avere un social network perché voglio mettere come Avatar le foto dei personaggi dei fumetti che leggo che mi fanno impazzire, e vorrei avere un social network per poter leggere i commenti degli autori a riguardo.

Vorrei avere un social network perché posso condividere le cose senza dover scrivere troppe parole come un blog. Che si sa, i momenti non sempre ci regalano la possibilità e la capacità di dirne di sensate.

Vorrei avere un social network per spammare i video miei.

Vorrei avere un social network per scrivere a qualche commento: ” Ma guarda un po’ sto bimbominkia!”, “Mah”, “!”

Vorrei avere un social network perché mi piacerebbe cliccare accanto ad un articolo e con un tasto farlo comparire una sorta di raccoglitore virtuale. Perchè quando li salvo con firefox e voglio mostrarli, cazzo, non sono mai al mio computer.

Vorrei avere un social network perché mi piacerebbe leggere ciò che scrivono gli altri. Per carità, non i cazzi loro, ma proprio leggere quello che scrivono, ascoltare la musica che propongono.

Vorrei un social network per condividere il blog, anzi lo vorrei proprio su un social network. Quello dei miei sogni.

Ma…

Non voglio un social network, fino a che non sarà un portale di tutti e di nessuno, un bel progetto open con i server closed!

Non voglio un social network perché poi succedono queste cose!

Non voglio un social network perché avrei troppi amici

Non voglio un social network per non avere la tentazione di scrivere delle frasi belle che ho trovato sui libri/fumetti/articoli che ho letto.

Non voglio un social network perché mi chiede se son fidanzato e con chi.

Non voglio un social network perché sentirei persone che non sento da tempo e che francamente se non sento magari è meglio così, anzi non voglio un social network perché non avrei capito molte cose.

Non voglio un social network perché dovrei condividere delle foto

Non voglio un social network, perché oltre che di informazioni, si nutre del mio tempo che davvero, preferisco riservare al social, piuttosto che al network.

Mr. Big, What If

Standard

Ecco arrivare il primo regalo di questo 2011. In Italia dovrebbe uscire a fine gennaio, ma questo Cd è già disponibile sul mercato in Giappone.

No, non è un maiale che vola. E' solo uno specchio. Cosa ci vedi dentro tu?

Quando una band si riunisce dopo tempo immemore, di solito si marcia facendo uscire un bel best o qualche strana raccolta, invece i Mr. Big, come pochi altri, sfornano un disco di soli pezzi inediti. E già questo è decisamente lodevole.

Diventa ancora più lodevole il tutto perché non sono brani “tirati via”, scritti o suonati senza entusiasmo e per cavalcare la notizia, ma sono piuttosto ragionati e rivelano, a distanza di anni, la maturità musicale che hanno raggiunto.

Pur con tutti i suoi limiti (di autoreferenzialità) questo è un cd maturo che rivela, una volta di più, come l’evoluzione del sound di una band possa benissimo prescindere dalla snaturalizzazione dello stesso verso lidi sconosciuti e magari non apprezzati. Qui i Mr. Big suonano come i Mr. Big. Senza fronzoli.

Lo fanno alla loro maniera, con delle melodie interessanti, con un Martin ancora in forma (forse anche merito della registrazione in studio, chi lo sa. Attendiamo l’esame Live) e con una sezione ritmica micidiale. La grazia e la tecnica di Pat Torpey, assieme alla potenza di Sheehan, condiscono in maniera solida il tessuto compositivo dei brani, mentre Gilbert, apparso molto migliorato a livello melodico dopo i suoi album solistici, regala performance ben al di sopra della sufficienza, con qualche punta bellissima.

Le canzoni sono “a là” Mr. Big, con molto dei successi che li hanno resi famosi. E sto pensando a classici come Colorado Bulldog o Addicted to the Rush, senza perdere di vista momenti molto più intimisti come Stranger in my Life – una delle canzoni più apprezzabili del cd-.
La scelta di non ricadere in scelte accordali facili (e per certi versi scontate) è prerogativa anche di questo disco che li riporta in auge, mostrando che ci sanno ancora fare, insieme, anche a distanza di anni.

Vedremo se tutto ciò è destinato a durare ed aspetto l’esame Live, che li ha sempre visti trionfanti. Chissà se sarà così anche questa volta.
Nel frattempo vi consiglio di ascoltare, sopratutto se amanti del genere, questo CD. Sperando che duri!