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Bandabardò – Banzi 15/06/’12

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Partito ieri sera il gruppoabeliano tour estivo.
Noi i concerti non li facciamo, ma li guardiamo. E li recensiamo.

Anyway, ieri concerto in una bella cornice, quella del centro storico di Banzi, della Bandabardò. Devo essere sincero, a me loro non fanno impazzire, gli riconosco uno stile riconoscibile ed interessante, ma non fa per me.
Ieri sera però hanno offerto uno spettacolo di classe: bello, coinvolgente e semplice.

I brani erano un buon mix di tutti i loro successi e di qualche piccola chicca, ben miscelata e sapientemente proposti, grazie al carisma notevole, ma mai travalicante, di Erriquez: è lui il vero mattatore della serata. E’ una sorta di reincarnazione moderna dei vecchi trovatori francesi, quell’aura un po’ decadente e quella sua voce da cantastorie.
In questa ottica la scelta di quel tipo di folk acustico e piuttosto asciutto – al contrario dei Modena- pare decisamente azzeccata.
Alla lunga, ho trovato un po’ monotoni certi arrangiamenti Live, che avrei preferito fossero stati più audaci ed avessero sfruttato maggiormente l’ottimo trombettista/percussionista. Ma vedendo il coinvolgimento è una cosa che può passare in secondo piano.

Il suono è buono e si riusciva a percepire tutto in maniera chiara, perciò complimenti ai tecnici del suono, che hanno fatto un buon lavoro. Anche a livello di luci ho gradito molto: un sobrio contorno alla musica.

Band di livello, una buona performance. Particolarmente in palla la sezione ritmica – con un basso che vien troppo penalizzato nella versioni studio, in quelle live crea davvero un sacco di groove – e il fido Finaz che conosco da tempo e che ogni volta mi stupisce positivamente.
Peccato per alcune canzoni che secondo me non reggono il confronto con le migliori ed abbassano un po’ la qualità generale. Ma qui si entra nell’ottica dei gusti personali.

In definitiva un concerto al quale non sono affatto pentito di aver partecipato. Mi ha divertito ed interessato molto. Davvero complimenti alla band fiorentina.

Gentilmente rubato, in giro per la rete!

PS Una nota che ho molto apprezzato: alla fine del concerto una ragazza nel pubblico, dietro di me, mentre li ha applauditi gridava a squarciagola “Grazie”. Ecco, gli artisti ringraziano il pubblico sempre, ma sarebbe bello e sano se lo facesse anche il pubblico, di tanto in tanto.

Big Jim

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Ultimamente sta un po’ diventando il blog dei necrologi…
Non mi piace, ma a certe notizie è difficile rimanere indifferenti.

Oggi muore Jim Marshall l’inventore degli omonimi amplificatori. E se per voi non significa niente, per me un pensiero è quantomeno doveroso.
E’ stata la voce degli anni ’70 ed è tutt’ora l’urlo e gli armonici di tantissimi musicisti che fanno ancora del sano rock.
L’industria si è evoluta e forse i suoi non erano più i migliori, ma lui e la sua idea visionaria del suono sì, e se tutt’oggi è l’icona del bel suono e della distorsione cazzuta, un motivo ci sarà.

Ciao Jim, gli accordi di quinta e quelli aperti, grazie a te hanno un suono più dolce.
Un saluto rock, con il gain a 10, come piaceva a te!

Loud and Proud

Di rock, rivoluzioni e tempi dispari

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Un tempo c’era il rock e c’erano le proteste giovanili. Il ’68, anno di grandi cambiamenti sociali, è stato intrecciato in modo indissolubile alla musica e al ritrovo di Woodstook. Era musica banale, per certi versi imbarazzante, ma tuttora conserva quell’energia e quella dirompenza che permette di identificarla a ragione con quel periodo storico. Tra l’altro è stata talmente grande da riuscire a svincolarsi ed essere non solo simbolo generazionale, tanto da diventare fruibile a sé.

Quindi c’era il rock e c’erano le proteste. Anzi, c’era il rock delle proteste!

Era, e chi ha vissuto quelle epoche lo sa, l’unica forma di aggregazione popolare. Non che tutti potessero permettersi di suonare, ma tutti potevano fermarsi e venerare i pochi dischi di vinile che circolavano come cimeli, potevano riunirsi nel nome della musica. E la musica, da che mondo e mondo porta idee, sopratutto quella musica… ed i giovani di allora si son fatti portatori di valori che han permesso di cambiare le cose. Di cambiare gran parte delle cose. L’hanno cambiato ciascuno a proprio modo, ma sempre con il rock accanto.
Certo c’era la droga che ha stroncato un sacco di vite, ma erano altri tempi quelli.

Il rock ha rappresentato la voce della rivoluzione, culturale ancor prima che storica, più che una semplice colonna sonora.

Oggi invece il grido del rock si è totalmente spento. Eppure con tutti i nuovi canali di diffusione dovrebbe essere quella che più doveva uscir fuori in questo periodo di nuove rivoluzioni. Io di Woodstock non ne vedo all’orizzonte, francamente data la bassa qualità della musica che gira non me la auspico neppure, non saprei chi potrebbe essere in grado di esprimere il dissenso, chi potrebbe accompagnare l’idea di un mondo migliore, magari un mondo che sia interessante e poco populista.

In questi anni, anni di reunion, sono stati pochi i prodotti davvero interessanti che son stati sfornati. Il pubblico è cambiato e dalle classifiche inesorabilmente finiscono fuori tutti, persino i colossi. Chi vi resiste lo fa solo a patto di sacrificare il proprio sound, oppure perché figlio di qualche fenomeno mediatico. Il resto è davvero poca roba!

E non mi stupisce affatto che Occupy ed Anonymous non abbiano bandiere musicali di sorta. Non mi stupisce, che salvo pochi casi sporadici, si facciano rivoluzioni mute. Forse il rock ha smesso di rappresentare queste istanze sociali che tanto lo hanno crescere ed affermarsi. Vedremo come e quanto saprà sopravvivere a questa rivoluzione che si sta innescando. In questo persino Alan Moore, a proposito di eccellenti cultori di rivoluzioni, nel suo V usa la musica classica come colonna sonora per la sua rivoluzione. Anzi la usa a mo di partitura per la distruzione, adoperando -a mio giudizio- una delle immagini più belle che siano mai state consegnate alla storia delle rivoluzioni.
Sicuramente, alla luce di quelle che sono le classifiche, mi sento di aver avuto un po’ ragione in riferimento a quanto scrivevo qui (di dj, suore e feste truzze), ma devo ammettere che stanno avendo vita facile; l’armata dei rocker è in pieno declino.

Marcin Dylla

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… finalmente ho scoperto come si pronuncia il suo nome!

Comunque al di là di tutto, se capita vicino casa vostra andate a sentirlo. E’ un’esperienza bellissima, non solo per chi è appassionato di musica o di chitarra. E’ una gioia per gli occhi e per la mente, sapere che al mondo esistono ancora persone così profonde come lui.

… che non è che il confronto con me è impietoso, ma è impietoso il confronto con la totalità di chitarristi che non siano lui. Pochissimi esclusi, tutti rigorosamente sulle dita di una sola mano. Forse anche con qualche dito mozzato!

Che poi è anche una gran persona: interessantissima, gentilissima ed alla mano. Per me entra di diritto nel club degli artisti.

Radiohead

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Prima di dare il via alla vena polemica che mi scorre oggi nelle vene, mi date qualche titolo di brani dei radiohead che son proprio bellissimi? Insomma il loro capolavoro, quello che ha fatto finire i biglietti in 15 ore.

… che sarà un mio limite, ma pescando a caso su tutube, proprio non riesco a beccarli!

EDIT: Ecco le prime segnalazioni:

Lucky
No surprises
Paranoid Android
Airbag
1+1=5
exit music
There There
karma police

Lulu

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Oggi mi sento polemico! Più del solito perlomeno.

Ma sopratutto perché ho ascoltato questo:

… celebrato come il cd dell’anno, non solo è peggio di tanta roba che esce, ma è addirittura peggio di qualsiasi cosa che si suonasse nelle cantine quando avevo 14 anni.

I Metallica sono bolliti da anni, ma vabbè io non li ho mai apprezzati fino in fondo. Lou Reed poverino, prima di perdere la sua reputazione dovrebbe godersi la sua bella pensione, lui che può.

Ma se uno non c’ha niente da dire, ma proprio niente, cosa parla a fare?
No, perché se davvero pensano di aver scritto una cosa bella, bisognerà pure dirglielo, eh!?

C’è chi è sempre con te…

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… e poi ci sono quelli che ti restano nel cuore, ovunque tu vada, qualunque strada tu scelga e qualunque cosa ti accada loro sono lì.
Puoi scegliere amori nuovi o semplicemente decidere che è il momento in cui devi star solo. E loro lì aspettano pazienti, sicuri, radicati nella loro convinzione che prima o poi  tu ti ricorderai di loro.

Puntualmente accade, perché è la voce di molti momenti, è il sound che ti lascia pietrificato e ti toglie il respiro, quello di chi cerca altro per non ammettere che è tutto lì sotto i suoi occhi quello che desidera, quello di chi cerca altro per essere convinto di avere il meglio proprio lì sotto i propri occhi.

Perché ad una voce così, ad un sound così, io non so proprio resistere; fa parte di me!

Niccolo Fabi – Melfi 15/08/11

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Solo un uomo quello di cui canto…

Il “manifesto” delle sue canzoni è tutto in questa sua frase. La vena poetica che sprigiona quell’uomo è qualcosa di strabiliante e la capacità di emozionare con il solo suono di una chitarra acustica è un dono immenso di cui io sento di essere stato partecipe.

Il concerto è stato grandioso: un viaggio tra le corde dell’uomo. Ci ha parlato di lui, si è messo a nudo, per mettere a nudo il pubblico, chi lì stava a sentire quelle canzoni. Parla d’amore, di qualunque amore immaginabile, ma lo fa in maniera così profonda e mai banale da riuscire a toccare i tasti giusti per farti scorrere un brivido lungo la schiena.

Il set è semplicissimo, la scenografia assente, solamente poche luci, come se fosse un concerto per pochi intimi. Il clima è conviviale ed amichevole e anche l’atteggiamento sul palco è di quanto più sobrio ci si possa aspettare. La scaletta ripercorre tutti i suoi classici, da quelli dei primi dischi come Rosso, Ostinatamente, Capelli, fino agli ultimi Solo un uomo, Costruire... Presenti anche una cover di Mina ed una di Battisti.

Niccolò Fabi ci sa fare. Ha reso la musica autoriale molto raffinata ed è molto intimo il suo approccio, cosa che sposa alla perfezione la mia idea di musica. La sua musica d’autore, oltre a testi molto belli, si esprime attraverso un’interessante ricerca armonica e melodica – a tratti contaminata con elementi orientali – e degli arrangiamenti molto freschi e volutamente scarni, a tratti strizza l’occhio alla psichedelia – anche se meno del suo collega Gazzè -.

Il pezzo dedicato alla figlia morta l’anno scorso, è stato un momento emozionante come pochi. Non volava una mosca, come se la piazza avesse trattenuto il respiro per cinque minuti, per poi sciogliersi in un applauso commosso.

Dal vivo ho avuto l’impressione che la sua musica introversa giunga in maniera efficace e potente.

Per me un concerto bellissimo, uno dei migliori ai quali abbia assistito. Son tornato a casa con qualche pensiero in più ma ne è valsa la pena.
Sarà solo un uomo quello di cui si canta, ma grazie Niccolò!

Tribute Band

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Io non ho nulla contro le tribute band.

Certo, non saranno il massimo grado di espressione artistica, ma c’è gente che ci mangia e ci mangia bene perché offrono, alle volte, spettacoli interessanti e ben fatti.
Ci sono tribute band che fanno date su date. Possiamo parlare della proposta spesso fossilizzata, ma comunque in genere io non ho nulla contro di loro.

Non ho nulla nemmeno contro quelle tribute band dei Queen, che senza Freddy Mercury perdono quasi tutto l’interesse, per non parlare dell’assenza di cori e delle parti sinfoniche.
Non ho da ridire nulla sulle tribute band dei Led Zeppelin che tentano invano di coverizzare Starway to Heaver, che si sa non uscirà mai come usciva a loro. E stessa cosa potrei dire di Smoke on the water per le tribute dei Deep Purple.

Nulla contro nessuno!

Ma quando vedi una tribute band di Vasco Rossi (!?) dove il chitarrista nelle strofe suona con la destra gli accordi della chitarra e con la sinistra quelli della tastiera… beh, cazzo, qualcosa di cui parlare ci sarebbe!